Sigismondo Pandolfo Malatesta dopo aver ultimato il suo castello decise di ampliare e trasformare nel XV sec la vecchia chiesa di San Francesco fino a quel momento usata dalla Famiglia come luogo di sepoltura.
Coinvolse nella realizzazione del progetto grandi artisti del tempo da Leon Battisti Alberti per l’architettura esterna del Tempio, a Dè Pasti e Agostino di Duccio per la realizzazione dell’interno.
Un Tempio che celebrasse lui e la sua stirpe questo era ciò che aveva in mente Sigismondo ed è questo che guidò la genialità dell’Alberti nella realizzazione del suo sogno.
Il grandioso sepolcro sarebbe stato costruito seguendo l’architettura classica e romana, di quest’ultima ne avrebbe seguito principalmente la concezione di celebrazione dell’uomo ed esaltazione della sua nobiltà intellettuale.
Ed è così che giorno dopo giorno, pietra su pietra, il Tempio iniziò a prendere forma e a testimoniare la sua fedeltà alle grandi costruzioni romane furono:
un’iscrizione celebrativa sulla facciata “SIGISMVNDVS PANDVLFVS MALATESTA PANDVLFI FILIUS VOTO FECIT ANNO GRATIAE MCCCCL”, il marmo bianco, un richiamo al Colosseo sulle fiancate con una serie di pilastri e archi (qui sarebbero stati inseriti i sarcofagi dei più illustri intellettuali di corte) e infine la cupola emisferica simile a quella del Pantheon.
Allo stesso tempo al suo interno sparirono i tradizionali riferimenti religiosi delle chiese cristiane e il tema iconografico della struttura si avvicinò più al linguaggio pagano che a quello religioso.
In tutte le cappelle venne esaltato il signore e la sua corte ed enfatizzata la sua potenza e ricchezza attraverso iscrizioni, sigle e simboli.
Seppur non completato ancor oggi il Tempio Malatestiano, è una delle architetture più significative del rinascimento italiano ed entrando al suo interno si può subito respirare quell’atmosfera solenne e misteriosa e allo stesso tempo coglierne il carattere profano.
A partire dalle 6 cappelle laterali intitolate una alle arti liberali, una allo zodiaco e ai pianeti, una ai giochi dei bambini, una alle sibille e ai profeti, una a San Sigismondo (il santo eletto protettore dei guerrieri d’armi) e un’altra ad Isotta, nella quale è contenuta la sua tomba, un programma celebrativo assai singolare per una chiesa.
Così come l’affresco di Piero della Francesca in cui Sigismondo Pandolfo Malatesta è inginocchiato dinanzi al suo protettore, San Sigismondo, rivela l’intento politico e autocelebrativo del dipinto all’interno del Tempio. E’ con questa immagine, infatti, che il Signore intendeva non solo sottolineare la sua devozione a San Sigismondo, ma celebrare la sua autorità su Rimini.
Il riferimento religioso più forte rimane sicuramente dietro l’altare il grande “Crocefisso di Rimini” realizzato da Giotto nel 1300.
Curiosità:
Ovunque, quasi ossessivamente, sono ripetute in bassorilievo la S e la I incrociate. Secondo una visione romantica sono una conferma del fatto che l’intero edificio fosse stato concepito da Sigismondo per celebrare il suo amore con Isotta degli Atti. Secondo altri, invece, non sono altro che l’abbreviazione del nome di Sigismondo.
Altri simboli che si ripetono all’interno del Tempio sono le tre teste e l’elefante, legati al casato dei Malatesta e ancora ghirlande di foglie e frutta. Infine tantissime statuette di putti adornavano in passato tutto l’interno del Tempio.
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